(CHIAMATA ALLA BATTAGLIA PER LE ARMATE DELLA TERRA DI MEZZO, DEI REGNI HYBORIANI, GLI EROI ACHEI E TROIANI ECC. ECC.)

di Marco Rubboli

Non vi spaventate per il suono imponente e furioso del Trombatorrione e per il mio battagliero proclama qui sopra. Si tratta di uno scherzo. In parte. Vedete, fra i temi di maturità proposti quest’anno – anzi questa mattina – agli studenti, c’era anche il tema “B.1”, che riproduco qui a continuazione, e che potete comunque facilmente reperire. Il passo da analizzare nel tema era tratto da Tomaso Montanari “Istruzioni per l’uso del futuro”… un libro che confesso di non aver letto. Chi mi segue sa che leggo pochi moderni e molti antichi: purtroppo non c’è abbastanza tempo in una vita per leggere tutto, e bisogna fare delle scelte. La mia breve analisi comunque non ne risentirà: deriva quasi per un mero caso da questo testo in particolare, che è però rivelatore di un brutto e persistente pregiudizio ideologico.

Voglio premettere che condivido in pieno, in modo quasi inquietante, le considerazioni che fa Montanari sull’importanza dell’arte, del passato e di coloro che ci hanno preceduto. Chi ha letto il mio “Per la Corona d’Acciaio” potrà forse ricordare i pensieri di Vindice Maravoy all’inizio della Parte 3 del romanzo riguardo alle “antiche pietre” lasciate dagli antenati dei Maliani che formano quasi l’anima stessa del Regno. Considerazioni non dissimili (colorate dalla melanconia dell’esilio e dal confronto con una cultura diversa) si potranno trovare anche nel seguito attualmente in editing: “Contro Due Imperi”.

Tuttavia, verso la fine del passo sono stato colto da un senso di ripulsa. Oh, no, di nuovo! L’autore ce l’aveva con le inesattezze che film, serie tv ecc. (che dovrebbero essere) di argomento storico presentano, falsando appunto i fatti su cui dovrebbero essere basati. Anche su questo non potrei essere più d’accordo, ed è una cosa che mi ha sempre dato fastidio. Faccio solo un esempio a caso: in un film “storico” su Lutero il protagonista è bello, giovane, magro, eroico e ha ragione in tutto e su tutto, i “papisti” invece sono corrotti, zozzi, storti e vecchi. Peccato che da quella parte ci fossero invece molti degli spiriti più avanzati e arditi del Rinascimento. Le cose sono un tantino più complesse di così, e ognuna delle due parti aveva i suoi pregi e i suoi nei. Ma ce ne sono a decine di casi così, forse a centinaia… forse quasi tutti, parlando di schermi grandi o piccoli che siano. Non ha certo alcun merito trattare la storia in modo semplicistico fino a essere bambinesco, o addirittura spacciando falsità. Fin qui tutto bene, quindi. Anzi, noto un sentire comune, quasi una “corrispondenza d’amorosi sensi” che non mi sarei aspettato.

Ciò su cui volevo però che i miei lettori si soffermassero, e qui viene il brutto di questa brutta storia, è quanto segue.

Cito:

Per questo è importante contrastare l’incessante processo che trasforma il passato in un intrattenimento fantasy antirazionalista…”

L’intera letteratura fantasy quindi – salvo smentita – viene associata da Montanari a un mero intrattenimento senza sostanza. Un passatempo, un trastullo. Anche se ciò poi venisse negato, è invece innegabile che tale qualifica sia stata appiccicata in una frase a un intero genere letterario istintivamente e automaticamente, contrapponendo esattezza storica e fantasy (che nulla ha a che fare con pretese di esattezza storica, invece, ma può benissimo rappresentare in forma sia avventurosa che originale ed efficace lo spirito di un’epoca storica, specie nel cosiddetto “fantasy storico”).

Intrattenimento, poi, “antirazionalista”. Non so se quest’ultima accusa – anche se fosse vera – sarebbe davvero da prendersi come un insulto o se quanto meno sia da considerare una “diminutio”. Mi pare discutibile. Di certo ci sono e ci stati autori fantasy che si iscriverebbero volentieri (e orgogliosamente) alla schiera degli antirazionalisti, o almeno degli antimoderni. Ci sono anche molti giganti della letteratura e della cultura in genere che si definivano in questo modo. Ma questo non è affatto vero, tuttavia, per altrettanti scrittori fantasy. Mi chiedo cosa penserebbe di questa etichetta, per esempio, la nostra Licia Troisi, che con la scienza ha una certa qual relazione. Nel suo piccolo il sottoscritto, se pure non è propriamente un fan del positivismo “vecchio stile”, farebbe però fatica a qualificarsi come “antirazionalista”. Noto infine che il principale guasto che queste fiction “antirazionaliste” produrrebbero sarebbe di dare al pubblico una visione ottimistica e consolatoria, secondo la quale l’epoca presente sarebbe migliore di tutte le precedenti da cui deriva. In questo modo ci impedirebbe di confrontarci criticamente con gli uomini del passato e le loro conquiste e realizzazioni, e pertanto di metterci in discussione. Quello che si teme, insomma, è la diffusione di una visione tipicamente illuminista-positivista (le famose “magnifiche sorti e progressive”), non certo antirazionalista. Storicamente, infatti, sono state proprio le correnti opposte a tale linea di pensiero che hanno rivalutato (a volte con un certo eccesso di zelo) le epoche passate rispetto al presente, e in particolare quelle “oscure” come il medioevo. Sono d’accordo che la visione positivista classica fosse ingenua: con ogni mutamento si guadagna qualcosa e si perde qualcos’altro. Però mi pare che ci sia qui una bella contraddizione: il “fantasy antirazionalista” spinge all’ingenuo positivismo. Si tratterà forse di antirazionalisti di bassa lega, che inconsapevolmente  ottengono l’effetto contrario? Boh.

Ora, per chi legge e scrive fantasy, e di quello buono magari, non sprecherò molte parole per rivendicare i temi alti e importanti che è possibile trattare per mezzo della letteratura fantastica, mi limito a rimandare quanto detto già in passato riguardo a “Sulle scogliere di marmo” di E. Junger, a citare il nome di Tolkien e a rivendicare la primogenitura assoluta del “nostro” genere sugli altri grazie all’imperituro aedo cieco dell’Ellade. Ebbene sì, Omero è fantasy mediterraneo! E questo non altera di una virgola il suo valore enorme e universale. Darò per dimostrato altresì che il fantastico possa essere usato per parlare in modo nuovo e incisivo dell’uomo (e della donna), del mondo, della caduta e della redenzione (o della sua impossibilità), di libertà, destino, bene, male, complessità. Tra di noi posso farlo, lo sapete già. Come sappiamo, tutti, che il livello di qualità del genere che amiamo è nelle nostre mani: in quello che sappiamo o non sappiamo dire e fare, negli obiettivi che ci diamo: nostra è la scelta se fare cultura e letteratura o solo (in certi casi perché no?) onesto intrattenimento.

Ugualmente, alcuni romanzi di analisi sociale, di approfondimento psicologico e quant’altro vogliano proporci come esempio di “letteratura seria” possono a volte rivelarsi banali, superficiali, scontati, persi in un approccio smaccatamente pedagogico, bovinamente funzionale a un’ideologia (quale che sia).

Insomma, se mi seguite lo sapete ormai che per me non esistono generi, esiste solo buona e cattiva letteratura all’interno di ogni genere, dal rosa al noir passando per tutti gli altri colori.

Un po’ di considerazione anche per noi da fuori, però, e un po’ meno superficialità nel giudicare opere che (inevitabilmente, certo) non si conoscono, non guasterebbe. E mi riferisco tanto all’autore quanto a chi ha scelto questo testo come materia d’esame.

 

 

 

 

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