Ho conosciuto la scrittrice Cecilia Randall l’anno scorso al Modena Play grazie agli amici Iacopo Venni e Massimiliano Fraulini della Sala d’Arme Achille Marozzo, che le hanno fatto più volte da consulenti per le scene di combattimento. Non conoscevo ancora i romanzi di Cecilia Randall ma abbiamo avuto comunque una piacevole conversazione. Così quando qualche tempo fa mi è capitato, in occasione di un viaggio in aereo (prima della pandemia attualmente in corso), di scordare il libro che stavo leggendo ho trovato il suo Gens Arcana nella libreria dell’aeroporto e non me lo sono fatto sfuggire. Ora che ho tempo di farlo eccomi a dirvi la mia su questo romanzo. Gens Arcana è un fantasy storico… nel senso opposto a quello in cui lo è il mio “Per la Corona d’acciaio”! Se la mia saga infatti è ambientata in un’Italia tardo medievale alternativa di fantasia, ma senza l’intervento di magia, mostri et similia, la vicenda di Gens Arcana si svolge nella Firenze dei Medici, che Cecilia Randall ricrea in modo credibile con grande naturalezza. Si tratta di quel miracolo per cui uno studio accurato che si intuisce dietro le quinte scompare nel fluire degli eventi e delle descrizioni senza appesantirle affatto. In questa Firenze però forze magiche sotterranee influiscono sugli eventi, e si svolgono conflitti occulti fra le varie schiere degli spiriti elementali, e fra di essi e una stirpe umana “speciale” che usa la quintessenza per tenere a bada e dominare questi spiriti, in collaborazione con la Chiesa. La famiglia Nieri è una delle stirpi magiche più antiche e potenti ma il primogenito del capofamiglia, Valiano, ha rifiutato il suo ruolo e il percorso di apprendimento che avrebbe potuto portarlo a padroneggiare il suo dono… con la conseguenza che ora si trova a fuggire per salvare la propria vita, braccato da nemici senza pietà. Senza nulla svelare sulla trama, posso dirvi che troverete schierati accanto o contro di lui una giovanissima ladra, un colto stampatore tedesco, l’Inquisizione (e qui ho apprezzato il fatto che questa entità venga vista – con consapevolezza storica – in modo non univoco), il fratello minore che al contrario di Valiano possiede un grande potere, il cugino che ha preso le redini di Casa Nieri, i Medici, i Pazzi e gli altri congiurati, bravacci accaniti e uno spietato (ma non troppo) mercenario ladino, Manente. Quest’ultimo, decisamente il mio personaggio preferito, alberga in sé un elementale della terra, il che gli conferisce abilità sovrumane e al tempo stesso lo condanna a una morte imminente se non riuscirà a separarsi tramite un rito magico da quell’essere che appartiene a un piano diverso di esistenza. Una minaccia gravissima, in realtà, incombe sia sul mondo degli umani che su quello degli elementali, e si svela a poco a poco in tutta la sua portata.

L’unica critica che faccio non è per la scrittrice ma per l’edizione che ho acquistato, dove ho trovato nelle ultime pagine una pubblicità del seguito che spoilera il finale del romanzo. Se può essere una buona idea mostrare che è disponibile un seguito (che peraltro acquisterò presto), lo spoiler di certo non lo è: bastava la copertina.

Noto infine a uso dei lettori di “Per la Corona d’acciaio” alcune coincidenze che mi hanno colpito: anche qui c’è un antagonista che si chiama Rosso (in questo caso è il soprannome, in realtà, del capo dei bravacci che inseguono Valiano, mentre nel mio romanzo è il nome dell’astuto Duca a capo della fazione avversa). Inoltre, la magione avita e perduta del protagonista è Castelnero mentre i miei mercenari sono stati costretti ad abbandonare i loro domini di Castelbrun. Nel mio caso si tratta di un omaggio a Roccabruna, patria perduta del Corsaro Nero di Salgari, per Cecilia il riferimento è al nome della famiglia del protagonista.

Insomma, il mio viaggio e i pochi giorni successivi al rientro sono stati allietati da ore di divertimento puro, con in più il puro piacere di potermi muovere con la fantasia in uno dei periodi più movimentati e gloriosi della storia patria, sfiorando tanti personaggi del calibro di Poliziano, Lorenzo il Magnifico ecc. (mi si perdoni il pizzico di faziosità, ma nell’Inghilterra o nella Germania medievale non se ne trovano di altrettanta levatura!).

 

 

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