Per la Corona d'Acciaio - Per la Corona d'Acciaio
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ARRUOLATO!

aprile 12, 2020 by Marco Rubboli Nessun commento

I RACCONTI DI MALIA

Ai piedi dell’Altopiano Centrale, il Feudo di Campofiorito si estendeva davanti ai loro occhi cosparso di querceti, castagneti e di macchie di agrifoglio e rosaspina, con piccoli borghi turriti e antichi manieri che sorgevano in cima ai poggi. Branchi di cavalli correvano liberi su vasti prati e nugoli di lepri correvano a nascondersi nei roveti di more che serpeggiavano a fondovalle, all’approssimarsi della carovana di muli del mercante Piero Briganti.

“Qui presto imperverserà la guerra: al di là di quei colli si trova il passo verso le Colline Occidentali. Non credo che i Duchi e le Città trovino un accordo con il Re: entrambi i bandi sono costretti dalle circostanze a dimostrarsi forti e inflessibili. Ci conviene muoverci in fretta.”

Nessuno, né Piero Briganti né il Griso, il bravaccio che comandava le guardie, trovò alcunché da obiettare o da aggiungere alle parole di Alberto, l’anziano capo dei mulattieri.

Come a rimarcare le loro preoccupazioni poterono avvistare di frequente, da lungi, gruppi di esploratori a cavallo. Molti portavano armature sulle quali il sole si rifletteva da lontano. Era cavalleria pesante, quindi, forse addirittura nobili.

Procedettero perciò di buon passo diretti verso la cittadella Ducale, senza perdere nella locanda che trovarono sulla strada più tempo di quello strettamente necessario a cenare e trascorrervi la notte.

Durante la mattinata del secondo giorno la via smise di snodarsi fra colli sempre più bassi e prima di mezzogiorno divenne una strada dritta in un paesaggio piatto, fra campi coltivai e pascoli. Lì i villaggi erano più grandi e fitti, cinti da mura di mattoni. Il sole aveva preso ad abbassarsi e tingersi del color delle arance quando, da una leggera foschia che si era alzata dalla terra, si riuscì a intravedere la cittadella. Un’alta muraglia di mattoni rossicci racchiudeva un grosso borgo. Svettavano oltre l’altezza delle mura svariate case-torri di importanti Baroni, e su tutto si alzava il bianco castello del Duca.

“E’ tutto fatto di pietra bianca portata dalle colline.” spiegò Piero “La Casa Ducale non si poteva abbassare a costruire usando i mattoni come tutti gli altri. Il denaro non gli è mai mancato, ai Duchi, e così hanno fatto questa follia. E’ stato ai tempi del nonno di Invitto, il Feudatario attuale.”

“Invitto di nome e di fatto!” esclamò il Griso, tutto gongolante.

All’occhiata interrogativa di Mario il mulattiere Alberto spiegò: “Il Duca è uno dei migliori giostratori del Regno, e ha vinto parecchi tornei. Però non è vero che non sia mai stato sconfitto: qualche volta anche lui si è trovato col culo per terra.”

“Bah, molto raramente.” interloquì il Griso.

“Poche volte.” concesse Alberto.

Piero non partecipava più alla conversazione. I suoi occhi, bramosi e preoccupati al tempo stesso, erano fissi sulla cittadella dove doveva smerciare le sue mercanzie. Era teso come un segugio nel momento cruciale della caccia.

Alle porte furono fermati dalla guardie.

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IL PONTE E LA SCALA

marzo 30, 2020 by Marco Rubboli Nessun commento

I RACCONTI DI MALIA

 

“Saranno almeno trecento passi, forse di più. Una caduta in verticale bella lunga, non credi?”

Mario si trasse indietro dallo strapiombo e il Griso sogghignò.

“Lascialo stare, Griso! Lui fa la discesa per la prima volta, tu invece l’avrai già affrontata in trenta viaggi.” disse Piero.

“Trentadue.” puntualizzò il Griso.

“Vuoi che racconti come te la sei fatta nelle brache la prima volta?”

Il bravo lanciò uno sguardo di fuoco a Piero. Ma il mercante era il suo padrone. Così, nonostante il cattivo latte che doveva aver succhiato da sua madre, il bravo si morse la lingua e se ne stette zitto. Alberto, il vecchio capo mulattiere, rise di gusto.

“Anch’io mi ricordo!”

“Fottiti, Alberto! A te posso dirlo.”

Il bravaccio era risentito perché quei due gli avevano rovinato il gioco.

Mario, dal canto suo, era pronto a difendersi da solo e non fu grato più di tanto dell’aiuto che gli era venuto dal suo capo.

La carovana di muli di Piero Briganti stava affacciata proprio sul bordo settentrionale dell’Altopiano Centrale. Quelle che vedevano laggiù in basso, invece, erano le terre del Ducato di Campofiorito. Pareva quasi di vederle disegnate su una mappa, da lì, mentre il vento soffiava tra i capelli di quelli che si avvicinavano al precipizio.

“Uh, senti come ulula!” commentò a voce alta uno dei mulattieri più giovani.

“Fa sempre così, qui, sempre. Non smette mai. E’ l’aria che viene da sotto e quando urta il fianco dell’Altopiano viene su gridando e prende velocità. Senti come tira: pare quasi che se uno si tirasse di sotto potrebbe andare in su invece che cadere, da quanto è forte. Questa parte del tragitto ti fa cacare sotto ma è uno spettacolo.” Alberto sorrideva, sornione.

Mario deglutì, ma poi cercò di mostrarsi all’altezza.

“E noi da dove passiamo, per scendere? O dobbiamo davvero buttarci e il vento ci depositerà di sotto senza farci alcun danno?”

Alberto gli fece un occhiolino: “Sì, magari. A dire la verità c’è una vecchia leggenda…”

Piero, il mercante che pagava il soldo di tutti, lo zittì:

“E basta con tutte le tue leggende, vecchio. Non c’è tempo adesso, sennò facciamo notte a metà della scalinata e siamo fritti.”

Fu la volta del carrettiere di abbozzare.

“D’accordo, hai ragione Piero. Te la racconto un’altra volta, Mario. Magari stasera, quando saremo giù.”

Poi Piero si rivolse a Mario:

“Comunque da qui non si vede ma c’è un passaggio, anche se non è certo agevole. Vedrai. Dobbiamo proseguire mezzo miglio verso Est. Andiamo.”

“Vedrai.” gli ripeté il Griso all’orecchio mentre gli passava accanto.

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ZAPPA E SPADA

marzo 18, 2020 by Marco Rubboli Nessun commento

“Zappa e spada”, ed. Acheron. Questo è stato il libro che mi ha accompagnato nella mia settimana di ferie agostane, e infatti ora lo vedete disfatto, poveretto, dai voli aerei con ritardo, le spiagge irraggiungibili, i labirinti e le stradine da capre di Creta. Ma questo stato pietoso, trasandato come il “Biondo” della trilogia dei dollari, gli si addice trattandosi di “spaghetti fantasy”. Un’antologia di racconti davvero godibile, dal primo all’ultimo. Vi troviamo un fantasy spietato, affamato, popolano e popolaresco, decisamente nostrano. Questa antologia ha dato origine al movimento di “Ignoranza Eroica”. Ci sono interessanti esperimenti linguistici “così in alto come in basso”, per esempio nei racconti di Luca Mazza e di Michele Gonnella, e poi ancora magia e orrore, turpitudini, intrighi ed eroismo disperato. Difficile fare una classifica: posso dire che ho apprezzato molto i racconti dell’amico Jari Lanzoni e di E.T.A. Hoffman ma sinceramente non ne ho trovato nessuno che mi abbia deluso: tutti bravi, ad ennesima controprova che le nostre penne non hanno nulla da invidiare a quelle forestiere e meriterebbero più attenzione! Mi è sorto spontaneo il confronto con alcune mie creazioni nella saga di “Per la Corona d’Acciaio”. Nel romanzo e nella maggior parte dei miei racconti l’ottica principale è quella – comunque privilegiata – di nobili, mercanti, mercenari e assassini d’élite, mentre il punto di vista della soldataglia comune e dei contadini comincerà ad apparire nel seguito “Contro Due Imperi”. Certo, perfino i miei soldatacci e contadini sono un po’ meno “sporchi, brutti e cattivi” rispetto ai ceffi che troverete in questo volume (assomigliano più ai vecchi contadini che ho conosciuto nella vita reale che ai messicani degli “spaghetti western”), e difficilmente a Malia avrete a che fare con la magia oppure con orrori che non siano opera degli uomini. Ma una certa affinità e direi quasi parentela è abbastanza chiara, quindi non stupitevi se ho voglia di manifestare qui il mio apprezzamento.

Perché quando l’uomo con la zappa incontra l’uomo con la spada…

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