Giano, un bravaccio della Casa Tagliaferro tanto grasso quanto forte, è detto “Bidone”, e non a caso. L’unico dubbio è se il nomignolo si riferisca alla sua stazza – decisamente importante, ma che non limita la sua rapidità in combattimento – o alle sue altrettanto indubbie qualità di baro. Che tu giochi a carte, a dadi, a giochi di scacchiera, che tu scommetta su corse di cavalli o incontri di lotta, se accetti di giocare con Giano hai una sola certezza: tornerai a casa con le tasche vuote, e senza sapere bene il perché. Ma Giano non è abile solo a truccare la partita, lo è anche a giocare secondo le regole: in realtà bara solo… quando gli serve per vincere! Essere il “Bidone” è diventato una parte essenziale della sua identità a tal punto che nessuno ricorda il suo vero cognome. Fedelissimo della nota Casata di lenoni di Alesia, ricca ma famigerata, e in particolare di Rinaldo, appare solo come comparsa in “Per la Corona d’Acciaio”, senza che ne venga fatto il nome… perché Luce Selenides (è lei a incontrarlo) non lo conosce. Chi ricorda in quale occasione l’assassina si è imbattuta in un grosso sgherro pelato dei Tagliaferro? In “Contro Due Imperi” conosceremo Giano molto meglio. Attenti, però, a non scommettere mai contro di lui!
Freya è una guerriera nordica, la Principessa di un piccolissimo regno dei Popoli del Mare costituito – come è costume da quelle parti – da un solo grande villaggio fortificato e dalle gelide terre circostanti. Orgogliosa e testarda quanto abile nel maneggiare le armi, è solita seguire il padre nelle sue razzie lungo le coste dell’Impero Dosthan e dell’Isola delle Brine. Bionda e con gli occhi azzurri come è tipico della sua stirpe, ha un corpo forgiato dal mare e dall’acciaio. Gli angoli degli occhi segnati da qualche ruga precoce causata dal vento e dal sale danno all’espressione del suo viso, altrimenti perfetto, una sfumatura crudele. I nostri lettori hanno fatto la sua conoscenza proprio alla fine di “Per la Corona d’acciaio”, nel momento in cui uno scontro disastroso ha cambiato per sempre la sua vita. Nel resto della saga avrà un ruolo di primo piano.
Questo bravaccio quarantenne fedele alla Casa Tagliaferro, di mente sveglia e arguta, è un esperto avvelenatore. Conoscitore di ogni sorta di intrugli velenosi dagli effetti più diversi (tra cui quelli che usa l’assassina Luce Selenides per i suoi dardi, da quelli soporiferi o paralizzanti fino ai più letali), è anche un abile arciere. Infine, è un raffinato conoscitore di vini e di gastronomia, forse l’altra faccia della medaglia della sua conoscenza di pozioni tossiche di ogni tipo. Non esagera mai col bere, al contrario è sempre molto attento a centellinare e degustare quantità di alcolici decisamente ridotte. Il suo comportamento guardingo nei confronti delle amate bevande si spiega con una fase della sua vita nella quale, a causa di una tragedia che lo aveva distrutto, si era ritrovato ridotto a un barbone alcolizzato. Fu il vecchio Astore Tagliaferro a salvarlo a viva forza da quella caduta rovinosa, e da allora la sua devozione per la famiglia Tagliaferro è diventata d’acciaio. Fisicamente è un tipo smilzo, con capelli ormai radi e una barbetta a pizzo color pel di carota.
Astolfo è un Maestro d’Armi con licenza dell’Accademia di Scherma di Alesia. E’ anche un assassino. Per molto tempo è stato un sicario prezzolato, ed è spesso considerato il migliore in città. L’unica in grado di insidiare il suo primato è la sua amica d’infanzia Luce Selenides. Legato alla Casa Tagliaferro, è passato alla Compagnia Maravoy per gentile concessione di Rinaldo Tagliaferro, amico di Vindice. La Condotta aveva bisogno di un Maestro d’Armi e Astolfo ha ricoperto quel ruolo volentieri. Solo Vindice, nella Compagnia, sa delle sue qualità di sicario e può usufruirne in caso di necessità. Astolfo, atletico, piuttosto alto (ma non come il cugino Diomede) e con un pizzetto nero a punta, è dotato di grande agilità, destrezza e precisione, sa usare ogni tipo di arma e il suo sangue freddo è invidiato da molti. Non ha scrupoli ma nemmeno nessun istinto sadico: uccide solo quando gli viene ordinato e quando è necessario. Preferisce, se non è indispensabile, non ammazzare i vecchi amici.
Bozzetto di E.R.
Bravo al soldo dei Tagliaferro, questo rude amico d’infanzia di Luce Selenides è uno schermitore provetto, esperto anche nell’arte del pugilato (anche lui viene dalla scuola di Aiace Bellavalle). Di famiglia non indigente ma cresciuto nei vicoli del porto di Alesia fra le peggiori compagnie, è cugino dell’assassino professionista e maestro d’armi Astolfo Salinari, della Compagnia Maravoy. Diomede è alto e atletico, con lunghi capelli neri e occhi grigi. In “Per la Corona d’Acciaio” è solo una comparsa (accompagna Erinne Selenides per le vie di Alesia in una giornata particolarmente pericolosa, e Luce lo nomina un paio di volte). Invece ha un ruolo importante in “Contro Due Imperi”, perché sarà la guardia del corpo di Rinaldo Tagliaferro nel suo lungo viaggio.
La Corona d’Acciaio di Malia è una semplice fascia d’acciaio damascato ricavata dalla spada spezzata di Valerius, Primo Imperatore Mitoien.
La spada rimase spezzata nelle mani dell’Ultimo Imperatore Julius durante l’invasione Dosthan che distrusse Fortia-che-fu, e in seguito fu riforgiata in Corona durante la guerra civile fra gli Altarocca e gli Alesiadi.
Al centro ostenta il più grande brillante conosciuto al mondo e ai lati due zaffiri poco più piccoli.
“Era una fascia del migliore acciaio antico temprato, damascato, con al centro un enorme brillante – il più grande del mondo, si diceva – e ai lati due zaffiri purissimi.
La leggenda voleva che la Corona fosse stata forgiata dalla spada di Valerius, il primo Imperatore degli antichi Mitoien.
Quando l’Impero Mitoien era caduto, secoli dopo, quella spada era stata spezzata nelle mani dell’ultimo Imperatore Giulius.
I due tronconi della spada per sfuggire al saccheggio e alla distruzione della capitale imperiale, Fortia che fu, erano stati portati in gran segreto ad Alesia, in attesa di un erede della famiglia imperiale che non era mai più apparso.
Gli Alesiadi li avevano nascosti e poi li avevano usati per forgiare la Corona, incastonandoci le loro gemme più preziose.
La Corona era rimasta nascosta nel tempio della città lacustre per generazioni.
Solo quando la dinastia Alesiade aveva ottenuto il potere su tutta penisola Maliana l’aveva mostrata, reclamando pubblicamente l’eredità dei Mitoien.”
Conte di Castelbrun, eroe della Guerra dei Due Imperatori. Padre di Lyonel e nonno di Vindice. La sua congiura fallita contro il potere Imperiale Dosthan porterà all’esilio e alla rovina la Casa Maravoy. Alto e robusto con occhi neri e capelli pure scuri in gioventù, al tempo della congiura ormai bianchi e radi.
Conte della Casa Maravoy di Castelbrun, Feudo del Regno del Vino di Gallesse, poi condottiero mercenario. Marito della principessa Isolana Demetra di Mykenes (vedi le vicende narrate del racconto “Il Torneo di Flora“) e padre di Vengeator detto Vindice, Alto, atletico, capelli bruni sempre spettinati, occhi scuri. Porta la spada avita della Casata di nome Malenvy. Lyonel è il protagonista della Parte Prima del romanzo “Per la Corona d’Acciaio”. All’epoca, il 3047 dalla Fondazione di Fortia-che-fu è l’Erede di suo padre Vengeator, Conte di Castelbrun, e si trova a combattere per salvare se stesso e la sua famiglia da una rappresaglia a sorpresa dell’Impero Dosthan che suo padre ha tradito. Educato alle virtù tradizionali di un cavaliere e Feudatario Gallessano, e all’orgoglio tipico di tale casta privilegiata, si trova ben presto nella scomoda situazione di esiliato condannato a morte in contumacia. Nel resto del romanzo, ambientato nel 3059, si è dovuto adattare alla vita di un condottiero mercenario errante, ma non è affatto dimentico delle sue alte origini.
Principessa dell’Isola di Mykenes, sposa di Lyonel Maravoy e madre di Vindice. Tipica bellezza Isolana dai capelli castani e gli occhi azzurri. Sposò Lyonel Maravoy per amore in seguito alle vicende narrate nel racconto “Il Torneo di Flora“, trasferendosi poi a Castelbrun e condividendo da quel momento in poi le vicende di Casa Maravoy.
“Si girò verso Demetra di Mykenes. Se ne stava appoggiata all’albero di prua, tenendo avvolto loro figlio insieme a lei in una coperta che li riparava entrambi.
I lunghi capelli castani le ricadevano sulle guance, in disordine; il suo volto era ancora rigato dalle lacrime scivolate dai suoi occhi, azzurri come lo splendido mare della sua isola.
Non era mai stata più bella.”
Araldica di Casa Maravoy di Castelbrun, di Lara Gramigni
Capitano mercenario, figlio ed Erede di Lyonel Maravoy di Castelbrun, una Contea del Sud di Gallesse, e di Demetra di Mykenes una principessa Isolana. Il suo vero nome è Vengeator, però a Malia tutti lo conoscono come Vindice. Aveva 8 anni all’epoca della congiura di suo nonno Vengeator, oggi, nel 3059 dalla Fondazione di Fortia-che-fu, ha 21 anni. Altezza media, castano, capelli corti, occhi scuri, è inseparabile dal suo grande destriero corvino Violante.
Ad Alesia, capitale del Regno di Malia, Vindice Maravoy frequenta da qualche mese la mercantessa Aurora di Nocchiero e può contare su diversi amici: il capitano Fabrizio Del Ferro, mercenario per diletto, il fratello adottivo di costui, il giovane mercante Ettore del Nero, e ancora il ricco ma famigerato Rinaldo Tagliaferro. Su consiglio di Rinaldo inoltre ha fatto assoldare come Maestro d’Armi nella Compagnia Maravoy Astolfo Salinari, il suo assassino di fiducia.
Vindice è il protagonista del romanzo “Per la Corona d’Acciaio”, che segue le sue vicende dal 2 ottobre 2059 dalla Fondazione di Fortia-che-fu fino al 20 luglio 3060. Privato del titolo, della patria e del Feudo all’età di otto anni, testimone fin dalla più tenera età del tempestoso crollo della sua Casata e ridotto allo stato di cavaliere mercenario nella compagnia di ventura fondata dal padre (ormai rimasto privo di alternative), si è adattato al suo destino. Ma non si è rassegnato ad esso, non del tutto.
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