LE CRONACHE DEI PRETORIANI NERI


“Dopo la vittoria di Teutoburgo l’espansione dell’Impero non ebbe più limiti: con Germanico e gli Imperatori successivi il “limes” raggiunse gradualmente i monti Urali. Usammo poi i cavalieri germani per conquistare il regno dei Parti e ci spingemmo fino all’Arabia Felix e a Sud dell’Egitto. La guerra più dura che dovemmo affrontare tuttavia venne dall’interno: ai tempi dell’Insurrezione le Tenebre si sollevarono e reclamarono il dominio del mondo. I figli delle Tenebre non prevalsero, ma il prezzo da pagare fu alto. Oggi l’Impero si estende dall’India all’Hibernia, dagli altopiani d’Etiopia fino ai fiordi dell’Ultima Thule, però oltre i confini della sacra Italia il potere dell’Imperatore è limitato. A Lui restano poche armi per influenzare i Re che governano in suo nome: il denaro delle decime, le parole alate del Culto Imperiale, le coorti dei Pretoriani Aurei pronte a soccorrere i Regni minacciati. E noi, i Pretoriani Neri. Noi siamo l’Inquisizione, la mano sinistra dell’Imperatore, la lama nascosta degli Dei, la sentinella all’erta nel buio. Siamo i guardiani dei cancelli degli Inferi.”
Aurelius, XI Console Nero.
Regno di Britannia, Impero Romano
Anno 2241 ad Urbe Condita
“Odio la Britannia” ribadì ancora Maevis, imbronciata.
“Ma perché poi?” osservò Alara “Guarda che bella giornata!”
Il sole splendeva sulle colline in un meriggio placido denso di voli d’insetti e d’uccelli. In quell’angolo sperduto della Britannia meridionale c’eravamo solo noi sulla via, in quel momento.
“Ce ne sono poche di giornate così, mio caro Alara, e solo d’estate. Di solito piove o c’è la nebbia, ma non è per il clima che odio questa terra, quello è normale.” rispose la gladiatrice.
“Lo dici tu che la pioggia e la nebbia sono normali. A casa mia non lo sono affatto.” rimarcò il nubiano “E comunque sia, oggi si sta bene, e la gente che abbiamo incontrato è stata ospitale.”
“La birra era buonissima…” si leccò i baffi Suenus con espressione sognante.
Lei gli mostrò la lingua.
“Sono molto più ospitali da me, in Hibernia. E la nostra birra è migliore. Su quella scura poi non c’è partita.”
“Sono disposto a fare da giudice imparziale, ma me ne serve molta per capire bene.” gongolò il gigante nordico, beccandosi un astioso gestaccio dalla guerriera.
“C’è un odio tribale, fra Hiberni e Britanni.” spiegai, sospirando “Non è una cosa razionale, non ci si può fare nulla. Aspettatevi che Maevis rimanga così antipatica per tutto il tempo in cui resteremo da queste parti.”
Alara sbuffò.
“Odio quando Occhiverdi è incazzata.”
“Quando Lucrezio ci porterà in Hibernia scherzerò e berrò birra e ballerò e riderò. O a Roma, al limite. Qui no.”
Sentendomi tirato in ballo allargai le braccia e mi difesi:
“Io vi porto dove mi dicono. Siamo nell’Inquisizione, mica in gita di piacere.”
“Oh, basta! Il Tribuno ha ragione: mi sembrate giovani Patrizi intenti a fare il giro turistico della Grecia. Statevene un po’ più zitti per favore, che ci stiamo avvicinando.” li riprese il Centurione.
“E’ il prossimo villaggio.” confermai “E comunque il Tribuno, in quanto vostro superiore, ha sempre ragione!”
“… tranne quando ha torto.” si permise di puntualizzare Occhiverdi, attirandosi un’occhiataccia di rimprovero dal Centurione.
Alzai gli occhi al cielo.
“Non so perché le permetto di rispondermi così…” mormorai.
“Lo sai benissimo, invece, credo.” osservò il nubiano con sguardo malizioso.
Eh, questa volta era lui ad aver ragione. Quel che c’era fra me e Maevis non avrebbe mai dovuto accadere, lo avevamo pure giurato solennemente, di non farci distrarre da nessuna relazione ma dedicarci anima e corpo solo alla caccia ai Figli delle Tenebre. Eppure era capitato, purtroppo e per fortuna, e devo ammettere che tutto sommato mi andava bene così, anche se a volte era difficile.
Per fortuna arrivò Achillea, l’amazzone, che prese Maevis sottobraccio con fare allegro e se la portò via allungando il passo:
“Noi andiamo in avanscoperta, come al solito.” dichiarò con voce argentina.
Chissà perché quella sera non mi ero portato a letto lei, invece: l’amazzone era tanto una tipa tosta quanto una buona compagna: fedele e ferrea, di modi spartani ma sorridente. Inoltre, apprezzava anche le donne, il che poteva aprire a possibilità interessanti… però la verità è che per gli occhi di Maevis io avrei potuto uccidere qualcuno senza pensarci troppo, e da quando l’avevo vista la prima volta l’avevo desiderata.
L’Ispanico mi afferrò per un braccio.
“Achillea ha fatto benissimo a portarsela via. Finora ci siamo goduti la passeggiata, ma adesso bisogna iniziare a fare sul serio. Stiamo concentrati, Lucrezio. Questa può essere una missione di tutto riposo come anche un vero incubo, se si mette male.”
Annuii.
“E allora mettiamoci al lavoro seriamente, Centurione.”
Lasciammo la via e iniziammo a procedere al riparo del bosco che si estendeva a sinistra della pista. Le due provocatrici erano ormai così avanti che non le vedevamo più. Disposi Suenus il Geata a un lato e Alara all’altro, Siro l’arciere al centro mentre io lo seguivo da presso e l’Ispanico faceva da retroguardia. Quando sbucammo dall’altra parte della foresta, ci trovammo su un’estesa altura. Dal limitare della selva, acquattati fra gli alberi, potemmo scrutare la collinetta su cui sorgeva il villaggio. Un candido braccio alzato per un istante mi fece individuare la posizione delle due donne: si erano nascoste fra il torrente che divideva in due la vallata e un roveto. Aprii la mappa che mi era stata fornita dal Legato Musonio Rufo e la studiai comparandola con le casette britanniche che avevo davanti agli occhi.
“E’ quella lì” dissi, indicandone una che era ai margini dell’abitato, quasi isolata.
Il Centurione assentì: “Proprio quella”.
Suenus si grattò il testone leonino.
“Sembra del tutto inoffensiva.”
“E perché mai dovrebbe essere diverso?” commentò Siro “E’ inoffensiva, è solo una casa qualunque dove vive gente qualunque.”
“Per ora.” aggiunse Alara.
“Per ora.” concesse l’arciere.
“Ma ci possono essere cose di guardia. E qualcuno può venire a reclamarlo in ogni momento, adesso che sanno di lui. Con la nostra fortuna, poi, arriveremo noi e loro nello stesso momento.” ci avvertì l’Ispanico, ottimista come sempre.
Alzai un sopracciglio.
“Io ci spero, Ispanico. Così li ammazziamo.”
“Siamo qui per questo, no? Per ucciderli tutti.” ribadì Alara.