Per la Corona d'Acciaio - Per la Corona d'Acciaio
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“PER LA CORONA D’ACCIAIO”: UN ROMANZO STORICO?

maggio 2, 2020 by Marco Rubboli Nessun commento

 

Ringrazio di cuore un lettore che ha recensito il mio romanzo, manifestando una certa delusione per la mancanza di magia, e per una scarsità di azione nei capitoli centrali. Se si aspettava, come pare, un tipico romanzo “di genere” tutto e solo azione, fantasia e magia, questo lettore non ha trovato ovviamente quel che cercava. Intendiamoci, io adoro l’azione, ma essa non è il “cuore” di questo romanzo, che pure ne è pieno. Essa è piuttosto una gradita ancella di temi più profondi, e un’esca per convincere il lettore a specchiarsi nella vicenda. In altre storie, come quelle dei Pretoriani Neri, mi diverto a giocare con l’azione, e anche con la magia, con draghi e grifoni e navi volanti. Tuttavia non ritengo la magia un fattore indispensabile della letteratura fantastica. Un nume del Fantasy come Joe Abercrombie, pare pensarla come me su questo tema: indicatemi che magia si possa mai trovare, per esempio, nella “Trilogia del Mare Infranto”, di cui di recente ho consigliato la lettura.

“Per la Corona d’Acciaio” è qualcosa di diverso. Essere qualificato come “una sorta di Bernand Cornwell in un un contesto inventato”, come scrive questo lettore, è per me un grande complimento. In questa saga in effetti mi rifaccio non tanto al genere Fantasy, ma piuttosto a scrittori di avventura classica e di romanzi storici come appunto Cornwell, Perez Reverte, fino ai classici di Dumas, Salgari, London, Kipling, Conrad. Ma anche a scrittori “alti” (e forse più “noiosi”, da un punto di vista “di genere”) come Ernst Junger e Julien Gracq. Prosegue il lettore “non dovendo essere fedele alla storia reale, poteva evitare certe parti noiose, spesso necessarie in romanzi storici per essere fedeli, ma che qui potevano essere sostituite…” In effetti, come il lettore ha in parte intuito, “Per la Corona d’Acciaio” è assolutamente un romanzo storico, in essenza. Con tutte le esigenze di analisi storica e realismo che ciò comporta, e con l’unica differenza che tratta di una storia che avviene non nel nostro mondo ma in uno simile e parallelo. Come in Junger e Gracq, il contesto inventato è una scusa per poter variare gli avvenimenti liberamente servendo a uno scopo, nel mio caso parlare di fatti dell’anima e di leggi storiche che riguardano noi, il nostro mondo e la nostra condizione di esseri umani. La vicenda segue tutte le regole politiche, sociologiche ed economiche che condizionano la Storia, le dinamiche del potere e forse anche quelle del Fato, che i lettori scopriranno un po’ alla volta e che sono poi le stesse del mondo reale, non meno stringenti. Ecco perché era necessario un “rallentamento” dell’azione nella parte centrale, per poter dedicare spazio a un’analisi della situazione del regno di Malia e alle soluzioni (anche legislative e perfino fiscali) che i protagonisti adottano. Essi devono, infatti rimediare ai fattori che hanno portato alla caduta che essi si sono trovati a dover vivere, e porre in alto la “svolta” che la situazione politica richiede. Ugualmente c’era bisogno, in precedenza, di lasciare un po’ di spazio al sorgere nelle loro menti delle soluzioni che poi adotteranno: proprio come deve avvenire in un romanzo storico che funziona bene, se i protagonisti sono personaggi reali dotati di poteri decisionali, e realizzano appunto una svolta storica. La parte centrale del romanzo che tratta questi temi è stata particolarmente apprezzata da altri lettori, per aver affrontato il tema di come, una volta conquistato il potere, lo si vada a gestire, cosa che molti Fantasy (a volte con una visione un po’ più superficiale) trascurano. Quel che mi frustra nel romanzo storico vero e proprio è invece che il lettore possa già conoscere come la vicenda finirà, mentre a Malia le praterie del futuro sono aperte e la tensione è maggiore: qualunque cosa può accadere… e ne accadranno di ogni tipo! Tornando a noi, quindi, una critica dettata da aspettative “di genere” è “iuxta sua propria principia”, per me invece essa costituisce un grande complimento: con questa saga non voglio fare “letteratura di genere”, voglio fare letteratura! E credo che il genere Fantasy si presti a questo alto scopo (perdonatemi l’ambizione), quanto e più di altri.

Marco Rubboli

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“PER LA CORONA D’ACCIAIO” E “SULLE SCOGLIERE DI MARMO”

dicembre 3, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

Il famoso romanzo breve di Ernst Junger “Sulle scogliere di marmo” si svolge in un paese immaginario sito nel centro di un continente che ricorda l’Europa. Le scogliere di marmo che danno il titolo all’opera si affacciano su un mare freddo e tempestoso a Nord del paese, che è uscito pochi anni prima da una grande guerra contro i suoi potenti vicini e rivali dell’Ovest. Non è difficile capire quanto tale paese “immaginario” abbia a che fare con la Germania, la patria di Junger. E in particolare con la Germania fra le due guerre.

Un sinistro personaggio, il Forestaro, spadroneggia su una vasta zona boschiva a Est e suscita segretamente dei disordini servendosi di bande prezzolate, al fine di impadronirsi del potere e stabilire una dittatura. Il protagonista, che appartiene a un misterioso e colto ordine cavalleresco, dapprima osserva con preoccupazione gli eventi e alla fine giunge perfino a prendere le armi contro l’aspirante tiranno, in una lunga notte di sangue e scontri. Userà il fucile da caccia per scontrarsi con le bande di facinorosi e i loro mastini, disdegnando di usare contro di loro la spada che lo ha servito in battaglia anni prima contro i “nobili cavalieri dell’Ovest”.

Non dirò qui come la vicenda termina, ma svelerò solo (a chi non ha avuto ancora la fortuna di leggere il romanzo) che non si avrà né un lieto fine né un’apocalisse totale, ma si rimane alla fine con in bocca un sapore dolce-amaro e con la premonizione che la vicenda non sia finita.

Il Forestaro può avere il volto di Hitler come di Stalin (i due che furono tirati in ballo allora), o di qualunque altro personaggio che aspiri alla dittatura e agisca nell’ombra per creare le condizioni utili ai suoi scopi. In qualunque epoca e luogo. Si noti però che il romanzo uscì nel periodo in cui era al potere il regime nazista e se Junger non fosse stato un noto eroe di guerra avrebbe potuto avere seri problemi (in seguito, durante la seconda guerra mondiale, il generale Ernst Junger rischiò la vita “scordandosi” di far esplodere i monumenti di Parigi che erano stati minati, prima della ritirata, e partecipò poi alla congiura di Rommel).

Naturalmente questo articoletto non può aspirare a costituire una disamina né tanto meno una critica di una novella complessa e importante come “Sulle scogliere di marmo”, e ancora meno dell’opera di Ernst Junger in generale. Mi propongo solamente di omaggiare il romanzo e lo scrittore e chiarire la loro influenza sul mio romanzo.

Junger non è stato certo il primo che ha collocato una vicenda in parte immaginaria (ma realistica) in un luogo immaginario (ma realistico) per poter dire cose importanti sul potere, sulla politica, sul destino e le caratteristiche di un popolo e sugli esseri umani in generale. Altri scrittori “non di genere” lo hanno seguito su questa linea, cito qui solo “La riva delle Sirti” di Julien Gracq, per nominare uno scrittore che apprezzava Junger pur essendone politicamente distante (il primo era un conservatore, il secondo militava a sinistra), o ancora si potrebbe citare “Il deserto dei tartari” del “nostro” Dino Buzzati o “Aspettando i barbari” di J. M. Coetzee.

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