Per la Corona d'Acciaio - Per la Corona d'Acciaio
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ESTRATTO: L’ASSEDIO DI TORRE ROSAT

maggio 11, 2020 by Marco Rubboli Nessun commento

“Lyonel arrivò al bivio e fece cenno alla colonna di fermarsi.

A sinistra c’era Malia; dritto innanzi Petitport; a destra il cammino per Torre Vianan.

Osservò le torri della cittadella marittima, in lontananza.

Alla brezza del mare del Sud garrivano gli stendardi dei Maravoy e del Barone di Petitport. Pareva che gli Imperiali non si fossero ancora impadroniti del borgo.

Pareva.

Scosse la testa e imboccò con decisione la pista verso Occidente. Poco tempo dopo, però, girò a sinistra, su di un largo sentiero di ciottoli che saliva verso un alto colle a picco sul mare. Un paio di curve e poté vedere il muro merlato in cima, che racchiudeva un’altissima torre antica in marmo rosa.

Torre Rosat: la Baronia di Patrici. Un antico monumento trionfale Mitoien divenuto il mastio del borgo fortificato su cui dominava il suo baffuto amico e vassallo.

Lassù, ancora si innalzavano la torre rosa in campo nero e il lupo dei Maravoy.

E per davvero, dato che le truppe Imperiali stavano assediando la roccaforte. Davano la scalata alle mura e tiravano dardi su dardi. Da dentro si rispondeva con olio nero in fiamme e frecce e volontà.

Patrici guardava la scena con uno sguardo pieno di apprensione. Era la sua gente, quella. Lyonel si costrinse a prendere un sentiero che portava in basso, verso la spiaggia bianca nascosta da un promontorio roccioso. Sarebbe stato inutile e pericoloso portare aiuto a Torre Rosat. Dovevano capire che l’unica scelta per loro era la resa.“

Illustrazione di Andrea Camaggi

 

 

 

 

 

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ESTRATTO – IL CAMPO DI RE TIBERIO ALL’ASSEDIO DI GRANSEQUOIA

aprile 19, 2020 by Marco Rubboli Nessun commento

“Fabrizio stava ancora guardando fuori. Il pomeriggio era già diventato una notte d’ebano, nuvolosa e senza luna, e continuava a piovere a dirotto.

«L’accampamento è un mare di fango. Arriva quasi alle ginocchia, guarda.»

«Ci credo. È una nottata favorevole alla guerriglia di Ariete di Gransequoia: fossi in lui non me la lascerei sfuggire.»

Fabrizio si girò verso il compagno con gli occhi che brillavano di ammirazione. «È proprio in gamba, quel dannato. Questa mattina Temistokles ha detto che dovrebbe regnare lui, o qualcosa del genere. Sono in pochi a pensarla così, ma sono in molti a rispettarlo e a temerlo. E sono anche di più quelli che pensano che dovremmo lasciare in pace lui e i Gransequoia.»

Fabrizio si arrabattò nella tenda e alla fine riuscì a versare due coppe di vino caldo con pepe e chiodi di garofano.

«Contro i pensieri, niente di meglio dei bicchieri» disse, porgendo una coppa all’amico.

Vindice bevve un lungo sorso, poi poggiò la coppa, rigirò ancora una volta la spada tra le mani e la fece scivolare nel suo vecchio fodero di cuoio consunto.

…

«Fabrizio, io vado. Tu, in coscienza, puoi testimoniare che io questa notte non ho mai lasciato la tenda, vero?»

Fabrizio si strinse nelle spalle. «Se vuoi. Però dimmi dove vai.»

Vindice cominciò a spogliarsi, e indossò calze a brache nere e una giubba di lana dello stesso colore. Non tornò a indossare gli stivali ma rimase scalzo. Prese un pugnale.“

 

Illustrazione di Teresa Consalici

 

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Estratto 7

agosto 10, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

«Tutto era un gioco di dadi con la morte. Non si poteva decidere di non giocare. Puoi anche chiudere il mondo fuori dalle mura, dal portone e dal fossato. Ma il mondo ti verrà a cercare. E allora non ci saranno mura abbastanza alte o robuste.»

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Estratto 6

agosto 10, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

«Ogni attività del mercato era sospesa. Congelata. Come l’acqua di una cascata in inverno.
Vindice strinse le briglie e fissò il suo popolo a testa alta, con un sorriso. Lo attorniavano in cerchio, ammirati e increduli. Un bambino interruppe quel silenzio acutissimo scoppiando a piangere, in qualche punto di quel mare umano, ma fu subito zittito. Allora Vindice fece avanzare Violante, lentamente, e la ressa si aprì per cedergli il passo.
Come in un sogno, la marea di facce arretrò e lui poté farsi largo tra la folla su una linea retta, così perfetta da immaginare quasi di poter arrivare fino al palazzo.
Fino al trono.
Ma quante spie dei Cinquecolli erano mescolate tra le due ali di folla? E cosa aspettavano? Forse non avevano ricevuto ordini al riguardo e non sapevano che cosa fare. O forse una mano insospettabile stava già correndo a un pugnale o a una balestra.
Una mano tra diecimila e la morte gli sarebbe entrata fra le costole.»

 

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Estratto 5

agosto 10, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

Vindice Maravoy è destinato a diventare un fiero Conte del regno di Gallesse. È destinato a ereditare il segreto millenario custodito dalla sua casata sotto le mura di Castelbrun. Non avrà proprio un bel niente. I Maravoy hanno tentato di ribellarsi all’impero Dosthan e hanno fallito, perdendo tutto: non hanno più terre, non hanno più un titolo. Ora Vindice è in esilio a Malia, e milita come mercenario nella compagnia del padre.
Vindice ama Malia, una terra antica e bellissima, erede della più grande civiltà che il mondo abbia conosciuto, ma la penisola è dilaniata da guerre intestine, oppressa da una monarchia debole e corrotta. Una nuova invasione da parte dello stesso impero che gli ha portato via tutto incombe dal Nord. Il crollo di Malia sembra inevitabile. Ma Vindice è pronto a tutto per evitare che la sua patria d’adozione venga conquistata. Perfino a mettere da parte i valori che gli sono stati insegnati.

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Estratto 4

agosto 10, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

«Tra pochi minuti tutta l’ambizione e tutto il potere del Regno sarebbero stati lì, in quelle sale.
E quello era il posto di Vindice, il posto dove agire, il momento per trasformare in realtà tutti i suoi sogni e i suoi incubi. Ora non si trattava più di pianificare in camere buie e senz’aria o in militaresche tende da campo, di esaminare e inventare strategie.
Quella era la realtà, la stanza del tesoro, il covo del serpente. E ciò che accadeva in quel mondo vacuo e colorato era la più vera delle verità.
Uno sguardo, un movimento, un impulso di desiderio o di antipatia: la causa.
Guerra, pace, accordi, omicidi: l’effetto.
Facili ascese e facili cadute.
Gloria, potere, denaro, veleno.
Un brivido di eccitazione e di conquista gli serrò le viscere. La sera calava dolcemente, incurante, e miriadi di luci si accendevano nei saloni scintillanti. La carrozza superò i cancelli della reggia e le guardie sgargianti.»

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Estratto 3

agosto 10, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

«La carica: l’istante supremo di terrore e coraggio in cui si è sospesi tra la vita e la morte, e l’eccitazione della corsa e della caccia si mescola con il panico cieco della preda. Il destino dipende dalla mira del nemico, dal vento, da una zolla di terra, forse da un bruscolo in un occhio del balestriere o del fante nemico.
Il momento sfrenato del riso e del pianto, della verità su te stesso, quando sei solo eppure fai parte di tante volontà identiche tese nello stesso sforzo, prigioniere esultanti della stessa follia.»

 

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Estratto 2

agosto 10, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

“Poco prima che gli Imperiali arrivassero alla distanza di un tiro di balestra, la flotta di Castelbrun ammainò tutte le vele: facendo affidamento sui tre ordini di remi, la forza marittima dei Maravoy virò con decisione controvento, verso Settentrione.
I tamburi rimbombavano a un ritmo frenetico, e i rematori davano tutto quel che avevano in corpo, sudando e stringendo i denti.
I balestrieri presero di mira i legni degli oppressori.
I cavalieri estrassero le lame e si chiusero dietro gli scudi.
I Dosthan, colti di sorpresa, cercarono di virare per presentare le prue ai vascelli di Castelbrun.
Troppo tardi.”

 

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Estratto 1

agosto 10, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

«Hai vinto» ammise Vindice, intento nel suo lavoro. «E per quanto riguarda Orso, è ancora con il Re» concluse alzando la spada e osservandone con attenzione il filo.
La lama lucente, perfetta simmetria di bellezza e di morte, brillava rinnovata tra i suoi occhi fissi e ipnotizzati.
Quanta bellezza, quanto orrore in un pezzo di metallo.
Quella era la vera magia, senza alcun dubbio. Ne aveva sentito il tocco gelido in passato, nella carne, quando era stato ferito durante la campagna degli Ampioporto e degli altri Duchi ribelli contro gli Alesiadi.
Quasi non si sentiva, all’inizio: solo un brivido di orrore che gelava la schiena e le viscere. Poi il bruciore, feroce, e il pulsare. Come tamburi di fuoco senza fine, per notti insonni tormentate in cui l’alba pareva non giungere mai.

 

 

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L’INCUBO DI VINDICE MARAVOY

maggio 1, 2018 by Marco Rubboli Nessun commento

Il suo cavallo scattò in avanti verso la salvezza, insieme al resto del gruppo. Sperava di farcela senza perdere nessuno, quando il grido di Demetra gli fece balzare il cuore in gola.
Si girò di scatto, e vide la freccia insanguinata che le spuntava dal fianco.
«Mamma!» urlò Vindice aprendo gli occhi di scatto.
Era di nuovo sveglio.

Con i muscoli tesi e il corpo coperto di sudore, guardava ancora il buio davanti e tutt’intorno a sé. Poi sentì la mano gentile di Aurora sulla sua spalla e, lentamente, si rilassò e tornò a stendersi, passandosi una mano sugli occhi e ansimando.
Aurora gli accarezzò il petto. «Lo stesso sogno?»
«Lo stesso incubo» rispose lui, prendendo la mano della ragazza e baciandola.

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