Per la Corona d'Acciaio - Per la Corona d'Acciaio
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Trenta monete per Mario

aprile 12, 2019 by Marco Rubboli Nessun commento

 

Mario era solo, senza soldi, in una città di cui a volte stentava a capire il dialetto. Aveva appena finito il suo ultimo tozzo di pane e si trascinava per i vicoli bui cercando un angolo dove poter gettare lo zaino e accoccolarsi a dormire. All’indomani avrebbe dovuto assolutamente andarsene. Contava di fare a piedi la strada per le Colline Occidentali attraverso i boschi, procurandosi il cibo giorno per giorno con l’arco e un po’ di fortuna. Una volta arrivato là, in una regione più prospera rispetto a quell’Altopiano dimenticato dagli Dei e dagli uomini, avrebbe trovato qualcosa da fare. Se non come mercenario… qualsiasi cosa. Dal facchino al marinaio all’apprendista in qualche bottega: gli sarebbe andato bene tutto pur di riuscire a sfamarsi. Dopo essere giunto a Poggiomerlato con Valerio, il mercante di smeraldi, aveva incassato la paga che gli spettava e si era congedato, in attesa che scoppiasse la guerra tra il Ducato e Biancacava. Si era proposto alla milizia del Duca, e là un sergente aveva segnato il suo nome promettendogli che in caso di conflitto sarebbe stato arruolato senz’altro. Invece che dichiararsi subito guerra, però, il Duca di Poggiomerlato e il Senato di Biancacava avevano intavolato lunghe trattative, durante le quali Mario era rimasto in trepida attesa e aveva consumato tutte le sue risorse. Alla fine il Duca e la Città avevano trovato un accomodamento pacifico. E lui era rimasto fregato. Perfino le sue vecchie scarpe da città aveva dovuto vendere, tenendosi solo gli stivali.
Si stese sotto un portico, con solo la sua coperta a separarlo dalla fredda pietra, e tentò di addormentarsi. C’era quasi riuscito quando fu risvegliato dallo sferragliare di una carrozza nobiliare, che si fermò a poca distanza dal suo giaciglio improvvisato. Un servo basso e grassottello saltò giù, con un’aria piuttosto intimorita. Un uomo si sporse verso di lui senza scendere. Era un giovane gentiluomo dalla veste elegante. Mario sporse la testa da sotto la coperta che lo ricopriva interamente, per osservare meglio.
“Queste sono trenta monete d’oro per madonna Altera. Portaglieli tu e torna subito indietro. Io ti aspetterò qui.” ordinò il cicisbeo.

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LA VIA DI MARIO L’AVVENTURIERO

marzo 15, 2019 by Marco Rubboli Nessun commento

I RACCONTI DI MALIA

Avrebbero seguito per un lungo tratto l’antica Via degli Dei costruita dagli antichi Mitoien, lastricata di grandi pietre piatte con l’erba che cresceva selvaggia negli spazi tra l’una e l’altra. Poi tra un paio di giorni la strada avrebbe piegato verso Sud e l’avrebbero lasciata per prendere la pista in terra battuta che portava a Poggiomerlato. Il mercante di smeraldi Valerio Bruni, i suoi due bravacci e Mario, tutti e quattro a cavallo, erano partiti di buon mattino da Grottapuledro e non si erano fermati che per un pranzo frugale, freddo, verso mezzogiorno. La preziosa mercanzia che trasportavano era tanto piccola che doveva stare da qualche parte in un sacchetto nascosto addosso a Valerio, anche se nessuno tranne il mercante di gemme lo sapeva per certo. Quindi chi li avesse visti avrebbe anche potuto scambiarli per un gruppo di cacciatori… o di tagliagole, dato che erano tutti arrmati fino ai denti. Oltre a Mario e Valerio c’erano i due sgherri di quest’ultimo: Gino e Marziale. Il primo era un ceffo azzimato di mezza età dai folti baffi neri, il secondo un tipo basso e tarchiato, sbrigativo, che non parlava quasi affatto ma in compenso sorrideva spesso. Chissà perché, faceva venire in mente a Mario certi centurioni Mitoien tozzi e robusti che si vedevano in antichi bassorilievi. Per esempio quelli raffigurati sull’arco di trionfo a Selenia: gente solida, che aveva conquistato il mondo a furia di addestramento pesante e urlacci. Valerio aveva detto che c’erano stati anche altri due uomini d’arme con lui, prima, ma poi costoro avevano ricevuto un’offerta migliore e lo avevano mollato di punto in bianco.

“Per mia fortuna”, rifletté Mario, che aveva rimediato in quel modo un bell’ingaggio.

La via si snodava sul fondovalle in mezzo a colline rocciose coperte di boschi, tra forre ombrose e polverosi calanchi.

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