I RACCONTI DI MALIA
Parte Terza
Parte Terza
L’ultimo giorno la giostra non si svolgeva sulla piana fuori le mura come le fasi iniziali, ma nell’antico Teatro della città che si ergeva a metà strada fra il paese e l’Acropoli, scavato nel fianco della collina rocciosa di Ertapietra. Mi avevano riferito che il Teatro risaliva agli antichi Isolani che avevano colonizzato Tiria molto secoli or sono. Lo usavano per mettere in scena le loro tragedie. Poi con i Mitoien le gradinate più basse erano state rimosse e il Teatro era stato adibito anche ai giochi gladiatori e alle venazioni di belve feroci.
Galeazzo e io ci eravamo accodati ai Gallessani, così risalimmo le ripide vie della cittadella e ci arrampicammo sul sentiero sassoso che conduceva al Teatro, sempre seguendo la tetra testa di lupo in campo rosso dei Maravoy. Dietro di noi avanzavano gli alfieri dei Campofiorito, drappeggiati nelle loro vesti e bandiere bianche e rosse.
Poi mentre i contendenti entravano dalla porta principale che dava sulla scena con i loro paggi e scudieri, noi e tutti gli altri accompagnatori salimmo gli scalini sulla destra e prendemmo posto sulle gradinate.
Le enormi colonne della scena da lassù parevano svelte e snelle; fra l’una e l’altra si intravedeva il mare d’un blu scurissimo. Laggiù galleggiavano alla rada le galee dei nobili convenuti, circondate dalle barche dei pescatori quasi come imponenti cigni attorno a cui si accalchino degli anatroccoli. Dall’altro lato si poteva ammirare l’alto vulcano innevato che si innalzava a non troppa distanza, e che alcuni dei signori presenti al torneo avevano visitato a cavallo nei giorni precedenti la disfida, accompagnando le loro dame.
“Si dice in giro” mi informò Galeazzo “che in quell’occasione Lyonel Maravoy abbia potuto parlare a lungo con Demetra di Mykenes, e che sia lì che è scattato qualcosa fra i due. Qualcosa che però, a quanto pare, il padre della damigella Isolana non approva del tutto. Lyonel è un magnifico signore, un ottimo partito anche per una Principessa delle Isole. Però fra gli Isolani la distinzione fra nobili e popolani è molto più sfumata che da noi, figurarsi in confronto a quegli altezzosi Gallessani. Forse l’Autarca teme che la figlia possa essere considerata di rango inferiore dai nobilastri di Gallesse, e quindi disprezzata.”
Lo spazio disponibile per i cavalieri in lizza non era tanto vasto quanto nella piana, quindi avrebbero dovuto partire subito lanciati alla massima velocità: non c’era tempo per accelerare gradualmente, né per rimediare a un errore.
Per primo gareggiò Lyonel Maravoy contro un Principe Isolano: il figlio dell’Autocrate di Zakinthos. Si colpirono a vicenda sullo scudo, spezzando entrambe le lance, ma nessuno dei due cadde. Allora sguainarono le spade e presero a tempestarsi di colpi girandosi intorno. Ognuno tentava di mettersi in posizione di vantaggio, cercando il lato sinistro dell’avversario. Gli zoccoli dei destrieri tormentavano l’arena del campo, gli scudi si riempivano di ammaccature. A un certo punto Lyonel colpì l’Isolano al petto con lo scudo, precipitandolo giù di sella. Cavallerescamente l’Erede di Castelbrun scese anche lui e attese che l’altro si alzasse. Si affrontarono a piedi. La lotta non fu breve: entrambi erano giovani, abili e forti, e nessuno voleva cedere. Ma, preso dalla foga, il nobile di Zakinthos scoprì la mano tirando un mandritto. Maravoy fece scattare la sua lama, e gli inchiodò il palmo della destra. L’Isolano lasciò cadere la spada e alzò le braccia in segno di resa. Lyonel rinfoderò la sua lama e fu il primo a soccorrerlo. Non c’era sangue, ma il Principe di Zakinthos faceva fatica a chiudere le dita per il dolore della botta. Prima che il ferito fosse portato via il Gallessano andò ad abbracciarlo. Nessun rancore, erano entrambi gentiluomini e ognuno aveva potuto avere un assaggio del valore dell’altro.
Ancora una volta Lyonel prima di lasciare il campo camminò fino alla zona dove stavano i signori di Mykenes e rese omaggio alla damigella del suo cuore.
“Bello!” disse Galeazzo, quasi stendendosi sul marmo del sedile “Hai visto che ha imitato quello che hai fatto tu prima a Claudi? Sarà un ottimo allievo.”
“Io non ho tirato una punta, ma un colpo di filo falso.” puntualizzai.
“Bah, cambia poco, l’azione era quella.” rispose il mio amico con un gesto come a scacciare delle mosche fastidiose.
Fu la volta di altri combattenti, e poi toccò a Claudi de Naute-riu.
“Se vince, poi dovrà combattere col suo signore.” osservò Galeazzo.
Alzai un sopracciglio.
“Davvero? Non mi sembra una bella cosa. Non potevano smistarli in modo diverso?”
Lui fece spallucce.
“La scelta degli scontri è casuale: un sacerdote estrae a caso le sorti di ognuno.”
“I sacerdoti sono dei vecchi marpioni abili di occhio e di mano, e per lo più corrotti.” risposi, insinuando un dubbio sulla correttezza della scelta. Ne sapevo qualcosa, io, dei trucchi di Stregoni e sacerdoti.