I RACCONTI DI MALIA
di Alfonso Zarbo
Ha posato gli occhi sulla mia femmina.
Ha posato gli occhi sul mio castello.
Ha posato gli occhi sui miei guadagni.
Il Macellaio, una carognaccia rosso malpelo e con il broncio perenne, ha tentato di farsi giustizia da solo e ci ha rimesso il mignolo, il principiante. Il Gentiluomo, che poi forse dopotutto tanto gentiluomo non è, ha pensato bene di corrompere le sue guardie. Voleva che lo abbandonassero in un vicolo con qualche scusa, e poi che la (mala)sorte lo punisse come più le girava. Peccato che, rimasto solo, quello se ne sia tornato tranquillo, nonché fieramente armato, fin dentro casa. Infine il Mercante: non ho ancora capito quanto possa essere grasso, da quel tanto di collane e farsetti che indossa – ma, sicuramente, lo è. E comunque è così attaccato ai soldi che nemmeno si sarebbe mosso, se non avesse sentito che pure gli altri due lo volevano morto.
Ora eccoli tutt’e tre qui, alla mia porta.
Certe cose è sempre meglio lasciarle a Nonna Fata.
«Benvenuti, benvenuti!» li accolgo, dando tempo alla mia servetta di posare quattro calici sul tavolo. «Lo gradite un po’ di vino, sì? Vino Maliano, ovviamente» sorrido, col tono di chi già lo assapora.
«S-sì, beviamo!» squittisce il Mercante, ma il Macellaio amputa subito il suo entusiasmo.
«Siamo qui per ammazzare Invitto di Campofiorito, vecchia.»